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GIANGIACOMO D'ARDIA




GIANGIACOMO D'ARDIA
Approfondimento di Alessio Arturi e Lavinia Albrizio 





Nato a Roma nel 1940, si laurea nel 1969 con Ludovico Quaroni con il quale ha iniziato la sua carriera accademica presso la Facoltà di Architettura della Sapienza continuando poi come Ricercatore. 
È attualmente professore associato presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, dove svolge attività di ricerca e insegnamento principalmente nel campo dell'architettura e del design urbano.
Ha realizzato diverse opere di architettura tra cui la chiesa di San Ambrogio ad Urbem (Milano, 1989/1997) e piani regolatori di Urbanistica e Paesaggistica. E’ stato responsabile di ricerche del CNR sui temi del Paesaggio costiero. Nel 1985 vince il Leone di Pietra con il progetto per il nuovo Museo di Arte Contemporanea a Cà Venier dei Leoni.
È un architetto e professore italiano di rilievo, noto per il suo contributo nel campo della progettazione architettonica e dell’urbanistica. D'Ardia è apprezzato per il suo approccio innovativo che unisce estetica contemporanea, funzionalità e sostenibilità. Il suo lavoro esplora il dialogo tra l'architettura e il contesto ambientale e sociale in cui si inserisce, con una particolare attenzione ai materiali, all'efficienza energetica e al benessere degli utenti.
D'Ardia è conosciuto per la sua capacità di lavorare in contesti complessi, spesso legati a edifici storici e ambienti urbani consolidati, come Venezia e Napoli. La sua filosofia progettuale si basa su alcuni principi fondamentali quali il rispetto per il contesto storico, la sostenibilità e l’innovazione sebbene sia legato al rispetto per la tradizione, sperimenta comunque forme moderne, strutture innovative e tecnologie all’avanguardia; creando edifici non solo funzionali, ma anche esteticamente rilevanti. 
Lo stile di D'Ardia si può definire come una fusione tra il modernismo e il rispetto per la tradizione. La sua architettura non è mai invasiva, ma cerca di inserirsi armoniosamente nel contesto in cui opera. Predilige linee pulite e materiali come il cemento, il vetro e l'acciaio, tipici di una visione contemporanea dell’architettura, pur mantenendo una forte attenzione agli aspetti sociali e ambientali.







Progetto per Ca' Venier dei Leoni a Venezia
Il progetto di Giangiacomo D'Ardia per Ca' Venier dei Leoni a Venezia rappresenta una delle sue opere più significative, evidenziando la sua capacità di dialogare con il contesto storico e culturale unico della città lagunare. Ca' Venier dei Leoni è una dimora storica veneziana situata lungo il Canal Grande, nota per essere la sede della celebre Collezione Peggy Guggenheim.
L’intervento si inserisce in un contesto di restauro e riqualificazione, mirando a rispettare il carattere storico dell’edificio pur introducendo elementi contemporanei che ne migliorano la funzionalità e l'accessibilità. D'Ardia si è concentrato sulla preservazione degli elementi originali della dimora, mantenendo la sua struttura architettonica e rispettando i materiali tradizionali veneziani, come la pietra d'Istria e il mattone. Lo scopo  era garantire l'integrità storica dell’edificio, che risale al XVIII secolo, mentre si modernizzavano alcuni aspetti funzionali. Il progetto per Ca’ Venier dei Leoni riflette l’abilità di D'Ardia nel confrontarsi con Venezia in quanto città complessa dal punto di vista architetto e ambientale, rappresentando una sfida che D’ardia è riuscito a compiere. Il restauro non solo ha rispettato il passato dell’edificio, ma ha anche aggiunto valore all'esperienza dei visitatori, creando un equilibrio tra le esigenze storiche e quelle moderne.
D’Ardia è riuscito a rappresentare un esempio di come l’architettura contemporanea possa interagire con il patrimonio storico, rispettandolo e valorizzandolo.

Domanda all'artista: 
Un anno fa, nell’incontro per il progetto ‘Autobiografie Scientifiche’, che vedeva coinvolti architetti attivi sul panorama italiano e internazionale, tenutosi presso la sede del Centro Studi Giorgio Muratori, con lo scopo di far raccontare ai protagonisti le proprie storie assumendo una forma che seguisse la traccia del noto testo di Aldo Rossi. Tra racconti, riferimenti, suggestioni e riflessioni, Lei ha introdotto la celebre opera “Narciso” di Caravaggio del 1597, facendo un parallelo tra l'architetto e la figura mitologica di Narciso, emblema della vanità, volendo sottolineare il rischio intrinseco dell'eccessivo egocentrismo dell’architetto. L'architetto, in quanto creatore di spazi che riflettono la propria visione, quale atteggiamento suggerisce che dovrebbe avere nei confronti di se stesso e delle proprie opere?

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